Spesso le Olimpiadi e le grandi manifestazioni sportive sono state usate dagli atleti per lanciare dei segnali alla popolazione mondiale, per protestare: pensiamo al gesto di Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 che con il pugno alzato hanno manifestato contro i diritti negati ai neri in America, o più recentemente alle atlete russe che durante i Mondiali di Mosca 2013 si sono baciate sul podio per protestare contro le leggi anti-omosessuali appena approvate dal governo.
Anche a Rio un atleta ha voluto dimostrare solidarietà al suo popolo: si tratta della medaglia d’argento nella maratona Feyisa Lilesa.
Appena raggiunto il traguardo l’atleta etiope ha alzato le braccia segnando una X; questo simbolo voleva dimostrare solidarietà alla protesta Oromo che dal 2014 ha luogo in Etiopia. Gli Oromo sono il più grande gruppo etnico presente nel paese ma da due anni sono vittime di persecuzione. Durante le proteste, pacifiche, le persone uccise sono state più di 400.
Con il suo gesto Lilesa ha voluto esprimere la sua vicinanza alla causa, ma questo potrebbe costargli caro. In un’intervista l’atleta, che a casa ha una moglie e due figli, ha dichiarato che una volta tornato in Etiopia potrebbe rischiare la prigione e addirittura la vita.
Adesso il maratoneta cercherà di ottenere un visto per poter andare a vivere negli Stati Uniti con la famiglia. Non è la prima volta che succede una cosa del genere; durante i Campionati del Mondo Junior di Eugene 4 atleti etiopi erano scappati per la paura di tornare nel paese di origine e di essere perseguitati proprio a causa delle proteste contro i soprusi del governo.
Foto REUTERS/Athit Perawongmetha