Finiti i Giochi della XXXI Olimpiade, è ora di bilanci e considerazioni su quanto fatto dalla squadra italiana in quel di Rio de Janeiro. Scontrarsi contro le più grandi potenze mondiali non è mai facile, tanto meno nella più grande rassegna sportiva al mondo.
La spedizione azzurra non è riuscita a raccogliere medaglie nell’atletica, complici anche numerosi infortuni di atleti di livello fra i quali Gianmarco Tamberi, campione del mondo indoor a Portland e campione europeo ad Amsterdam che non ha potuto completare la tripletta di ori tanto sognata e tanto voluta.
E’ inutile negare che da pochi dei convocati alle Olimpiadi ci si poteva aspettare una medaglia: a Londra 2012 ci fu un solo bronzo, quello di Fabrizio Donato nel triplo, perciò lo stato del movimento non è poi così tanto cambiato.
C’è chi è stato certamente sottotono rispetto ai proprio standard e chi, invece, ha sorpreso tutti mettendo a segno una prestazione inaspettata: impossibile non citare in questo caso Antonella Palmisano, quarta nella 20km di marcia dopo una gara condotta nelle gruppo insieme alle cinesi che sembravano, fino al giorno prima, di un altro livello. Peccato per Eleonora Giorgi, squalificata mentre conduceva una bella gara in testa insieme al gruppetto delle prime; in linea con le aspettative il piazzamento di Elisa Rigaudo, undicesima all’arrivo della sua quarta Olimpiade.
Al maschile la 50km ha visto purtroppo un solo italiano all’arrivo, ovvero Marco De Luca, che ha chiuso la sua prova in 21esima posizione: gli altri due in gara, Matteo Giupponi e Teodorico Caporaso, non hanno concluso la loro prova a causa rispettivamente di un ritiro e della squalifica. Nella 20km, invece, buono l’ottavo posto ottenuto dallo stesso Giupponi con il primato personale nella gara vinta dal cinese Zhen Wang.
Per quanto riguarda il capitolo velocità, la prestazione migliore degli italiani a livello individuale è stata la conquista della finale dei 400 metri da parte di Libania Grenot, abile a gestire le batterie e successivamente la semifinale, andando a giocarsi così l’ultimo round del “giro della morte”, chiuso all’ottavo posto. Buono anche il passaggio in semifinale dei 200 metri di Matteo Galvan, tenace fino all’ultimo metro e desideroso di riscatto dopo la prestazione opaca ottenuta nelle batterie dei 400m. Da sottolineare anche il buon sesto posto nella finale della 4x400m con una sorprendente Ayomide Folorunso (classe ’96) e l’approdo in semifinale dei 400hs femminili di Pedroso e Folorunso. Il resto della squadra azzurra della velocità e degli ostacoli (Manenti, Desalu, Caravelli, Hooper) purtroppo non è riuscita a rendere quello che valeva o, pur ottenendo una prestazione in linea con i risultati stagionali, non è riuscita ad avanzare nelle qualifiche olimpiche.
Si passa dunque al mezzofondo e alla corsa prolungata in pista, con buone prestazioni dei nostri alfieri del doppio giro di pista, ovvero Giordano Benedetti e Yusneysi Santiusti Caballero: entrambi, infatti, sono riusciti ad accedere alla semifinale, oltre la quale era difficile andare. Nulla da fare per i siepisti Floriani e Bamoussa, entrambi fermi alle qualificazioni, cosi come Margherita Magnani nei 1500 metri, nonostante un tempo di 4’09” che la conferma sui suoi limiti. Un po’ al di sotto dei suoi standard Veronica Inglese nei 10.000m, complice soprattutto una caduta che le ha fatto perdere il “treno” che le avrebbe molto probabilmente fatto terminare la gara al di sotto dei 32 minuti.
Pochi i buoni risultati arrivati dai salti, fatto salvo il salto in alto femminile, prova in cui hanno partecipato due new-entry olimpiche quali Alessia Trost e Desiree Rossit, atlete friulane rispettivamente classe ’93 e ’94; entrambe hanno conquistato la finale, nella quale non sono però riuscite ad esprimersi al meglio. Ottima comunque la stagione outdoor della Rossit, capace di migliorarsi di ben 8 centimetri; sugli standard di quest’anno la prestazione di Alessia Trost, reduce da una stagione non brillante che non le ha permesso di agguantare una delle tanto agognate medaglia. I metalli nel salto in alto sono stati vinti con misure basse, in una gara in cui un po’ la pioggia e un po’ l’assenza delle atlete russe hanno reso più accessibile il podio.
Eliminati in qualificazione gli altri saltatori della compagine azzurra: Fabrizio Donato si è fermato a 16,54m nel salto triplo e la “collega” Dariya Derkach non è riuscita a superare i 14 metri come già fatto a Rieti a fine giugno, atterrando a 13,56m. Fuori anche il saltatore in alto Silvano Chesani, che per essere a Rio aveva fatto i miracoli recuperando velocemente da un infortunio che lo aveva tenuto fermo per mesi: per lui solo 2,22m. Out anche Sonia Malavisi nonostante un buon 4,45m nelle qualificazioni del salto con l’asta, solo 6 centimetri in meno del suo personale.
Buio totale nel reparto lanci, il cui unico presente, che risponde al nome di Marco Lingua, è stato eliminato in qualificazione con tre nulli nel lancio del martello.
Poche soddisfazioni, infine, dalla maratona: fra le donne miglior piazzamento per Valeria Straneo, la vice campionessa mondiale di Mosca 2013 che ha chiuso al 13esimo posto con il crono di 2h29’44”; a seguirla una brava Catherine Bertone alla prima esperienza olimpica, 25esima al traguardo con 2h33’29”. Ritiro, invece, per Anna Incerti.
Al maschile la gara ha preso una brutta piega per l’Italia già all’11esimo chilometro a causa del ritiro del campione europeo Daniele Meucci, l’atleta su cui i tifosi riponevano più speranze per un buon piazzamento. Primo degli italiani è stato Ruggero Pertile, il veterano della maratona che a 42 anni riesce ancora a correre ad ottimi livelli: il padovano è giunto al traguardo in 38esima posizione (2h17’30”), mentre Stefano La Rosa ha chiuso 57esimo in 2h18’57”.
Un bilancio sicuramente non positivo quello dell’Italia dell’atletica a Rio de Janeiro, ma non c’è di certo da gridare allo scandalo o alla sorpresa; si conoscevano già le potenzialità e i limiti degli atleti in campo: alcuni hanno sorpreso facendo meglio di quanto ci si potesse aspettare, altri invece hanno deluso le aspettative ed in primis se stessi. E’ evidente che con le punte schierate in campo (Fassinotti, Tamberi, Del Buono), il risultato finale sarebbe stato perlomeno migliore di quello ottenuto effettivamente; ciò non toglie che chiaramente il movimento risulta arretrato a livello di risultati rispetto a nazioni equiparabili del calibro di Francia e Gran Bretagna e che la colpa del magro bottino non è da imputare di certo alla giornata storta di uno o più atleti che mettono in campo tutta la grinta e le forze che hanno a disposizione.
Foto Giancarlo Colombo/FIDAL