Era un sacco che non recensivamo un libro, ma purtroppo libri sull’atletica sono merce rara nelle librerie. Quando sono venuto a conoscenza di ‘Trecinquantasetteenovantanove‘ non ho esitato a chiederne una copia per dare la possibilità ai miei occhi di allontanarsi per un po’ dai libri universitari e leggere qualcosa sulla mia altra passione, l’atletica.
Non vi aspettate il classico libro con introduzione, sviluppo della vicenda e conclusione con lieto fine. Stavolta è una storia vera, raccontata direttamente dal protagonista, Luigi del Buono, sotto forma di pensieri giornalieri estratti dal proprio blog nel suo periodo di massima atleticità.
Se deciderete di leggerlo e siete atleti rimarrete spiazzati sin dalle prime pagine: penserete di stare leggendo della vostra vita. Del Buono con la sua scrittura scrittura semplice e basilare, quasi un flusso di coscienza, riesce a farvi immedesimare in lui stesso mentre si prepara ad una gara per lui importantissima. In realtà però vi starete immedesimando in voi stessi, perché tutte le emozioni, paure, gioie, timori, dubbi e paranoie che si incontrano andando avanti nelle pagine non sono altro che quelle di tutti gli atleti che hanno davanti a se un obiettivo importante, che siano le olimpiadi o una maratona o una gara a cui tengono particolarmente.
Dal titolo si capisce subito che alla fine l’atleta/autore raggiungerà il suo obiettivo, ma pagina dopo pagina troverete una carrellata di commenti pessimistici sull’andamento della preparazione che se non fosse per il titolo penserete che non ce l’avrebbe mai fatta a scendere sotto i 4 minuti nei 1500m. Eppure succede. Nonostante le delusioni in allenamento e la fatica della vita dell’atleta-lavoratore.
Terminato il libro sono rimasto un po’ spiazzato. Ero convinto che i pensieri negativi conducessero ad una spirale diretta inesorabilmente verso il basso, verso il fallimento. Eppure Del Buono ci fa capire che si basa tutto sulla motivazione, basta avere quella giusta e anche il risultato più lontano può essere raggiunto. E alla classica domanda “Il libro ti ha lasciato qualcosa?” stavolta rispondo decisamente sì.