Luigi Del Buono ci aveva lasciati raccontandoci tutto quello che gli era passato per la testa nella sua strada verso l’abbattimento del muro dei 4 minuti sui 1500m, un muro simbolico che sancisce la differenza tra i mezzofondisti e i buoni mezzofondisti, nel suo libro “Trecinquantasettenovantanove“.
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Vi sembrerà strano ma ne ha scritto un altro di libro, stavolta sulla maratona. Sì, avete capito bene, la maratona.
Se conoscete Del Buono o avete seguito i suoi pensieri sul suo blog non vi stupirete della scelta. Luigi è uno a cui piace sperimentare, provare ed imparare dai suoi stessi errori, alla continua ricerca di una condizione che gli permetta di essere in pace con il fisico e lo spirito.
Ed è proprio di questo che si parla nel libro “Maratona, my friend“, un viaggio nella testa di un agonista che gradualmente decide di diventare un amatore, nel vero senso della parola.
Passare da una spasmodica ricerca del tempo, con tutte le paranoie del caso, ad una completa immersione nelle sensazioni e nei segnali mandati dal corpo mentre cerca di conciliare sport e lavoro.
Come in “Trecinquantasetteenovantanove” la narrazione ha la forma di un diario, le cui pagine parlano nella stessa “lingua” del lettore atleta, colpendolo nel vivo e facendolo immedesimare nella situazione.
In più di una volta Del Buono sembra averci spiato nei momenti in cui eravamo più deboli o più arrabbiati, quando cercavamo risposte o soluzioni. E’ questo che crea l’illusione che il libro sia in realtà su di noi. Del Buono è un atleta, per lo più figlio e fratello d’arte, e sa benissimo cosa significa vivere ogni giorno con l’atletica a fianco.
“Maratona, my friend” è un libro che tutti i podisti dovrebbero leggere, perché parla di come dovrebbe essere veramente il mondo del running, un mondo in cui la salute e il divertimento vengono prima di tutto.
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