Da anni il sistema anti doping sembra funzionare male e il caso Schwazer sembra essere solamente la punta dell’iceberg.
La Procura, dopo lo scandalo del marciatore alto atesino, sembra aver messo sotto accusa il Coni, l’Agenzia Nazionale Antidoping (NADO) e alcune federazioni, perché queste indagini non riguardano solamente l’atletica.
L’accusa di complicità con gli atleti per non cadere nella rete anti doping è molto pesante e sono molti i nomi dei grandi atleti italiani presenti; secondo il regolamento anti doping, dopo 3 controlli saltati in 18 mesi l’atleta dovrebbe subire una squalifica, ma per atleti del calibro di Andrew Howe e Giuseppe Gibilisco questo non è avvenuto.
Per questo gli investigatori altoatesini hanno puntato il dito contro Coni, Nado e Fidal, accusandoli di aver “trasformato i controlli in un rituale “amichevole” e privo di sanzioni che ha chiaramente fatto intendere agli atleti malintenzionati che l’intero sistema antidoping era più di facciata che di reale sostanza”.
La Procura di Roma sta continuando ad indagare; non ci resta quindi che aspettare i risultati sperando in un errore e non che l’accusa si trasformi in reato perché, come ben sappiamo, non c’è cosa peggiore del veder crollare i nostri miti per una loro debolezza come il barare con il doping.