Sono passati 115 anni da quando fu accreditato ed ufficializzato il primo record del Mondo del fatidico “Giro della morte“, la gara in cui, nell’approssimarsi dell’arrivo, le gambe smettono di girare, l’acido lattico permea qualsiasi tessuto e l’unica amica che rimane è la volontà di finire la corsa; si, i 400 m sono così, una sfida con sè stessi, andando oltre la fatica fisica che si pensa di sostenere.
Maxwell “Maxie” Long è stato il capostipite di tutti i quattrocentisti USA, correndo il 29 settembre 1900 il primo giro di pista della storia sotto i 48 secondi: 47”8 con cronometraggio manuale a New York.
Long non è stato però l’apripista olimpico degli Stati Uniti, posto che spetta a Thomas Burke, vincitore del primo oro olimpico dei 400 m ad Atene nel 1986, col tempo di 54’2, nonchè unico nella storia ade aver fatto doppietta 100-400.
Insieme a Maxie Long, anche Charles Reidpath fu identificato dalla IAAF come originario primatista del Mondo con 48”2, dato che Long corse il suo crono sulle yarde e non sui metri come Reidpath.
Da quel lontano giorno di 115 anni fà, il Mondo, ed in particolare gli Stati Uniti hanno macinato metri e secondi, trovando pochi intoppi lungo la strada del successo. Il primo a bloccare la corsa USA fu Herb McKenley , Giamaicano ancora sotto la corona Inglese e primo uomo sotto i 46 secondi con 45”9, il 2 luglio 1948. Alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, McKenley ed il connazionale George Rhoden, piombarono sul traguardo insieme ed accreditati di 45”9, successivamente fu tolto un centesimo a George Rhoden, che diventò quindi il primatista del Mondo. I due contribuirono inoltre alla vittoria nella 4×400 ed al record mondiale di 3’03”9 proprio davanti alle aquile Nord Americane.
Da quel piccolo frangente, gli USA non si sono più fermati davanti a nessuno, a parte il WR di 44”9 detenuto da quattro Americani e il Tedesco dell’Ovest Carl Kaufmann, evento non impossibile con il cronometraggio manuale.
La progressione continuò senza sosta, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti da scoprire e da battere, fino all’arrivo del pioniere: Lee Evans.
Lee Evans fu il primo a respirare quell’aria diversa di soddisfazione mista ad incredulità, quando vide che il 44 si era trasformato in 43: l’uomo, il 18 Ottobre del 1968 a Città del Messico, abbatté il muro dei 44 secondi, lanciando la sfida al futuro col crono di 43”86.
Quella fu la scintilla genitrice, e per quasi 50 anni sono state solo dieci le persone capaci di elevarsi a “maestri” del giro della morte e vantando un PB di 43 secondi: Larry James (43”97, sulla scia di Evans), Steve Lewis (43”87 da Junior), Danny Everett (43”81), Kirani James (43”74, unico non USA), LaShawn Merritt (43”74), Quincy Watts (43”50), Jeremy Wariner (43”45, unico bianco della lista), Harry Reynolds (43”29 ) ed infine sua maestà Michael Johnson (43”18).
Questa lista di nomi, riunita in intimità all’interno del continente Americano sembrava quasi intoccabile ed elitaria…Fino a questa settimana.
Prima del sabato appena trascorso e senza contare gli atleti coinvolti, solo il Congolese Gary Kikaya aveva provato ad infrangere la barriera, con 44”10 corso a Stoccarda nel 2006.
Tappa di Diamond League di Parigi 2015. In gara c’è il favorito Kirani James, che vanta già ori mondiali in ogni categoria ed un oro Olimpico. Purtroppo per James, Grenada è stata costretta ad ammainare la bandiera di fronte a quella del Sud Africa ed a Wayde Van Niekerk, che prende il record Africano ed il suo posto tra l’Elite dei 43 secondi come primo uomo non Americano a correre così forte; tempo: 43”97.
Un giorno. Solo un giorno è servito all’Africa per far sentire di nuovo il suo ruggito per troppo sopito sul giro della morte, grazie ad Isaac Makwala. Il record Africano preso da Van Niekerk apparteneva proprio a Makwala, il quale al meeting Resisiprint International del 2014 era riuscito a correre in 44”01, accarezzando quella gloria effimera per un attimo. Tornato sul luogo del delitto per l’edizione 2015, il portacolori del Botswana si è preso la storia della specialità con 43”72, quinto di sempre superando le due stelle degli ultimi anni: Kirani James e Lashawn Merritt.
Non solo: adesso, se guardiamo solo ed esclusivamente i numeri, ai primi due posti mondiali troviamo due Africani e non due Americani;ad oggi, la bandiera stelle e strisce occupa solo la settima posizione nelle lista col 44”41 di David Vergburg, mentre sopra al numero 4, un ragazzino del Qatar, Abdelalelah Haroun, si è portato in seconda posizione all-time della categoria junior con 44”27.
Sembra quasi che il Mondo degli appassionati dell’acido lattico si stia riscoprendo, magari anche approfittando di un calo degli USA.
Questa presa di coscienza Africana sembra fatta dello stesso stampo da Fenice che risorge dalle ceneri che ha avuto anche un uomo come Julius Yego, Keniota quasi degenere a non correre distanze enormi, ma capace di solcare i cieli e superare i 90 metri col suo giavellotto, aprendo così le porte e dando speranza a ragazzi del Kenya che sognano gesta da lanciatore.
Al momento attuale, corridori come Makwala e Van Niekerk sono solo gocce in un oceano fatto di mezzofondo, magari anche con valentissimi 400-metristi che però seguono la tradizione, scegliendo gli 800 m o misure superiori; chissà se i recenti successi di questi due giovani porterà ad una rivoluzione nel campo della velocità, portando l’Africa a competere sempre di più con lo strapotere USA e Caraibico, così come ha fatto Yego nei confronti dei lanciatori scandinavi.
Adesso non resta che attendere il terreno di sfida migliore: la pretesa al trono iridato.
Chi prenderà il largo? Il nuovo potenziale Africano o l’esperienza Americana? Ai posteri l’ardua sentenza ma sicuramente potremo godere di una gara diversa, con pronostici che nessuno avrebbe mai fatto fino a quest’anno.
E l’Europa? Il vecchio continente si regge ancora saldo sulle spalle teutoniche di Thomas Schonlebe ed il suo 44”33, seguito 4 centesimi più in là dal 44”37 del britannico Roger Black mentre i fratelli Borlèe continuano imperterriti la ricerca di quel muro, così come si pensava che avrebbe fatto quest’anno anche Pavel Maslak, apparso non così brillante in questo inizio di stagione.
Riuscirà prima o poi un esponente del vecchio continente a prendere la scia innovatrice dell’Africa ed a sostituire quel 44″ con un poderoso 43” ?
Solo il tempo ce lo potrà dire, intanto non resta che fare i complimenti a Van Niekerk ed a Makwala, gli annali del giro morte hanno già impressi i loro nomi.
Foto: AFP/Scanpix