Pensando alle Olimpiadi del 1936 il richiamo subito vola verso Jesse Owens, e come potrebbe essere altrimenti? Un uomo che da solo ha sconfitto il Nazismo sotto lo sguardo altezzoso e metallico di Hitler.
Eppure, quel fiero figlio dell’Alabama non era da solo: un altro afroamericano ebbe il gusto di battere la compagine ariana e la sua millantata superiorità.
Questo grande atleta si chiamava Ralph Metcalfe, velocista dalle doti eccezionali le quali sono sempre passate in secondo piano rispetto al connazionale più medagliato. La coppia James – Metcalfe, per il loro aver sconfitto un ideale sbagliato, porta alla mente un altro celeberrimo duo olimpico: Tommie Smith e John Carlos, i quali alzarono il pugno col guanto nero, durante la premiazione dei 200m a Città del Messico 1968, per protestare contro le discriminazioni razziali.
Chi era Ralph Metcalfe e quali furono le sue prodezze atletiche oltre Berlino 1936?
Ralph Metcalfe Harold nacque ad Atlanta in Georgia, il 29 maggio del 1910. Quando era ancora giovanissimo si traferì a Chicago con la famiglia, dove riuscì a farsi notare per le grandi doti da velocista, che riusciranno a farlo uscire da quel mondo fatto di discriminazioni razziali che, purtroppo, sono continuate negli Stati Uniti, per moltissimi anni.
Diplomatosi alla Tilden High School ed annesso alla Marquette University con una borsa di studio come atleta, Metcalfe fu subito inserito nella squadra Olimpica del 1932, dopo aver vinto il titolo nazionale AAU e quello NCAA.
Il quel favoloso 1932, Ralph Metcalfe fu inoltre il primo uomo a far segnare un tempo inferiore ai 20 secondi sulle 220 yard (200m) correndo in 19”8 con vento troppo a favore e pista rettilinea, primato ovviamente non riconosciuto dalla IAAF.
Nella finale dei 100m, giunse al photo finish con Eddie Tolan, evento che tenne impegnati i giudici per diverse ore, atti ad esaminare i filmati. All’epoca, la regola voleva che la linea d’arrivo venisse attraversata invece che solo ”toccata” come adesso e per questo l’oro andò a Tolan. Due giorni dopo, Metcalfe si mise al collo anche il bronzo dei 200m, anch’esso purtroppo macchiato dalla sfortuna: dopo una nuova misurazione, si scoprì che la corsia di Metcalfe era 2 metri più lunga, fattore che gli costò almeno l’argento. Metcalfe rinunciò al ricorso per non invalidare la comunque pregevole tripletta a stelle e strisce.
Nei due anni successivi, Metcalfe mise in fila altre due vittorie (sia sui 100 che sui 200) ai Campionati AAU e NCAA, unico a fare tripletta per tre anni consecutivi.
Tra il 1933 e 1934, inoltre, l’atleta della Marquette University eguagliò otto volte il primato mondiale dei 100m (10”3) ed una volta quello dei 200m (20”6).
Arrivati alla mitica spedizione Olimpica del 1936, Metcalfe arrivò a Berlino come il numero due rispetto a Jesse Owens, con il quale però non c’era rivalità ma una sana amicizia agonistica.
Nella finale dei 100m, opera prima del trionfo olimpico di Owens, Metcalfe perse il passo del connazionale soprattutto in partenza, e fu costretto a recuperare nel finale ma la storia la sappiamo tutti: vinse Jesse Owens con 10”3 , secondo Metcalfe con 10”4. Se fosse partito bene, forse il film Race non avrebbe portato avanti la figura di Owens ma quella di Metcalfe, il quale però si consolò in seguito con la staffetta 4×100 vinta in 39”8 col primato mondiale.
Dopo quell’edizione dei Giochi, si laureò e conseguì un master presso l’università della California a Los Angeles. Spinto da grande entusiasmo, Metcalfe iniziò parallelamente la carriera di professore di scienze politiche e quella di allenatore alla Xavier University di New Orleans, senza quindi mai abbandonare la sua grande passione.
La guerra però bussò anche alla porta di Metcalfe, il quale andò al fronte distinguendosi per ardimento e solidarietà verso tutti coloro che avevano bisogno. Alla fine del conflitto, fu insignito della Legion of Merit, medaglia al valore militare consegnata per atti di eccezionale servizio militare.
Dismessi i panni del soldato, Ralph Metcalfe tornò a Chicago con l’idea di far entrare la politica nella sua vita, per combattere contro la discriminazione degli afroamericani.
Dotato di gran carisma, l’ex atleta riuscì a farsi eleggere nel consiglio comunale di Chicago nel 1955 e restandoci per lungo tempo, quando nel 1971 ottenne la poltrona all’interno del Congresso degli Stati Uniti.
Dopo essere stato inserito nella Track and Field Hall of Fame nel 1975 , il 10 ottobre del 1978, Ralph Metcalfe si spense per problemi cardiaci, lasciando un gran vuoto all’interno del movimento Olimpico americano.
Chissà cosa sapremmo ora, se quel giorno del 1936, la dea bendata avesse dato a Metcalfe una spinta in più per battere Owens ed entrare nella leggenda. Queste sono ipotesi che nessuno può appurare, ma c’è da rendere comunque merito ad un grande atleta che, come Owens, portò avanti quella grande vittoria sull’ipocrisia nazista che tutti noi ricordiamo.
Foto: Columbia University
La storia raccontata da Owens sull’episodio è la seguente:
“Non è vero che Hitler non mi strinse la mano. Hitler non strinse la mano ad alcun atleta, vincitore o partecipante che fosse.
Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d’onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un’ostilità che non ci fu affatto… Alla cerimonia di chiusura dei giuochi, Hitler ci passò in rassegna e, giunto vicino a me, mi fece addirittura un cenno di riconoscimento…”. (fonte: Andrea Benzi, Orion, agosto 2004, n° 239, pag. 48).
Tornato negli Usa, Owens venne però ignorato dal presidente Usa Roosevelt impegnato a raccogliere i voti dell’elettorato razzista degli stati del sud dove Owens, come l’intera popolazione nera, continuò a subire la segregazione razziale legalizzata per altri 30 anni.
Se non si ricorda cosa lo stesso Owens testimoni, in qualità di diretto interessato, sulle olimpiadi di Berlino e non si cita la sua denuncia del trattamento e del razzismo subito in patria, non si rende giustizia al grande atleta afroamericano e agli stessi afroamericani che subivano la discriminazione razziale negli Usa mentre il loro governo denunciava, evidentemente più per interessi geopolitici che per genuino rifiuto ideologico del razzismo, quella della Germania ai danni degli ebrei