Russia, Kenya e tutti gli altri, ormai, hanno portato il loro discreto contributo al quesito: l’uso o la vendita di doping è da considerarsi reato penale?
Alcuni paesi, dopo lo scandalo degli ultimi mesi, si sono messi in moto per riconoscere o meno la criminalizzazione dell’uso di sostanze vietate, facendo un ulteriore passo verso la pulizia dell’attività, soprattutto dopo l’incremento delle pene da parte della WADA, la quale dal 1° gennaio 2015 ha disposto 4 anni di sospensione alla prima positività e la radiazione al momento della ”ricaduta”, per così dire.
L’Agenzia Mondiale Anti Doping non è però rimasta indifferente a questo processo, pubblicando sul suo sito ufficiale un comunicato dal titolo: ”Dichiarazione WADA sulla criminalizzazione del doping nello sport ”.
Con tale dichiarazioni, la WADA precisa che assolutamente non vuole interferire nel diritto sovrano di qualsiasi governo di fare leggi per il suo popolo ma che, tuttavia, ritiene che il processo di sanzioni per gli atleti, che comprende un diritto di ricorso alla Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS), sia un iter ormai assodato e accettato da tutti i governi del mondo così come le modalità di sanzione. L’Agenzia, quindi, non crede che il doping dovrebbe essere un reato penale per gli atleti bensì per coloro che lavorano per il commercio e lo spaccio di materiale proibito.
La WADA ha comunque riconosciuto dei meriti ai paesi che hanno intrapreso la via penale del doping, come l’Italia, stato in cui, coloro che vengono colpiti dalla minaccia della galera per il doping, si rendono più collaborativi con le autorità.