Un nome, una leggenda. Jesse Owens.
Nato James Cleveland Owens, adottò l’appellativo di Jesse da un insegnante, date le iniziali “J. C.” del nome di battesimo. La sua carriera atletica cominciò dopo aver scoperto la sua passione per la corsa grazie agli allenamenti di Charles Riley, a cui sarà grato tutta la vita, per l’incoraggiamento e la fiducia riposta nelle sue capacità. Ma come spesso succedeva al tempo, è solo negli anni dell’università si accesero i riflettori sui suoi risultati sportivi.
Ci sono atleti che si mettono in luce dopo un buon personale, un record nazionale o un record del mondo, qualcuno come Bolt anche due, o tre in un Olimpiade, ma Jesse Owens ne stabilì ben 4 nel giro di 45 minuti! Immaginate il tempo che spendete nel fare il riscaldamento, e immaginatevi un uomo che nel tempo che passate tra lo stretching e qualche allungo per scaldare i muscoli ha stabilito non uno, non due, nemmeno tre ma ben quattro record! E non si parla di record dell’oratorio, o del comune di casa vostra, nè di record nazionali che quelli già a farli si sputa sangue, ma si parla di record del mondo, e non uno solo, ma ben quattro. Non nel giro di una carriera ma in 45 minuti, e beh nemmeno a dirlo in ben 4 specialità differenti: le 100 yards ( in 9”3), le 220 yards piane ( in 20”3) le 220 yards ad ostacoli (in 22”6) e il salto in lungo (con 8.13 m ). Riuscite a crederci? Riuscite ad immaginarvelo? Io solamente scrivendolo ho gli occhi spalancati.
Era una giornata di Maggio nel 1935, il “Fairy field” di Ann Arbor (Michigan) tremava sotto l’agilità e la potenza di Jesse Owens, che allora non era che un 21enne studente dell’università dell’Ohio.
Ad essere pignoli, e burocraticamente parlando.. i record non furono quattro, ma addirittura sei perche i record nelle 220 yards piane e ad ostacoli, valevano anche come record nelle distanze dei 200metri (piani e ad ostacoli).
L’anno dopo, ci fu l’evento più atteso nella carriera atletica di uno sportivo, le Olimpiadi, ma quello era un periodo particolare e il posto lo era ancora di piu: siamo nel 1936, pieno periodo nazista, e lo stadio di Berlino doveva ospitare le tanto attese olimpiadi, il motivo ovviamente era propagandare la supremazia della razza ariana. Ma chi se non il nostro James Cleveland Owens, atleta afro-americano, poteva rovinare i piani del dittatore più temuto della storia, Adolf Hitler? Il quale sentenziò così l’imbarazzo che gli fu creato: “Gli americani dovrebbero vergognarsi di sé stessi, lasciando che i negri vincano le medaglie d’oro per loro.”
Ebbene Jesse proprio in quell’ edizione vinse quattro ori olimpici, nei 100 metri, nei 200 metri, nel salto in lungo e nella staffetta 4×100 (in realtà non aveva intenzione di prendere parte a quest’ultima per lasciare il posto a qualche riserva, essendo già sazio di tre medaglie olimpiche, ma la benevolenza del nostro campione non fu apprezzata dalla dirigenza statunitense che volle schierare i suoi atleti migliori). Stabilì così il record di quattro medaglie (nell’atletica leggera) in una stessa olimpiade, eguagliato in seguito solo dal “figlio del vento” Carl Lewis, nel 1984 a Los Angeles.
I tabloid di tutto il mondo sostennero che Hitler alla vittoria dell’atleta afro-americano si alzò e abbandonò le tribune rifiutandosi di congratularsi con il campione statunitense, notizia che fu in seguito smentita dallo stesso Jesse Owens nella sua autobiografia “The Jesse Owens story”, che al contrario mostrò disappunto nell’ammettere che fu l’allora presidente statunitense Franklin Roosevelt a snobbarlo, cancellando un appuntamento alla Casa Bianca che aveva precedentemente fissato con il pluriolimpionico Jesse Owens, in quanto in pieno periodo elettorale si preoccupò dell’effetto che l’eventuale incontro con l’atleta afro-americano poteva avere sull’opinione pubblica.
Presumibilmente la gara più emozionante per Jesse Owens, in quel di Berlino, fu il salto in lungo. Lì su quella pedana con il suo diretto avversario Luz Long, il migliore atleta tedesco di quell’anno, strinse un amicizia particolarmente profonda, che oltrepassava i confini della razza. In seguito Owens la commentò con la famosa frase “Le amicizie nate sul campo durante le gare sono le vere medaglie d’oro in una competizione. I premi col tempo si consumano, mentre le amicizie non si ricoprono di polvere.” e diceva bene perché i due restarono legati da un sincera amicizia fino alla morte di Long nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, come sergente maggiore di fanteria. Ma è importante fare presente il grande senso di solidarietà sportiva di cui era dotato Luz Long, che diede consigli preziosi ad Owens nel suo ultimo e decisivo salto nel tentare la qualificazione in finale (a seguito dei suoi due nulli). Chiunque avrebbe preferito avere il leader stagionale (nonchè primatista mondiale della specialità) fuori dai giochi, ma Luz Long non era di questo parere, e grazie a lui Jesse si qualificò per la finale vinta alla fine da lui stesso.
Nonostante fossero controllati a vista da Hitler, Long fu il primo a congratularsi con Owens in un caldo abbraccio amichevole. Li vedete?! un biondissimo ariano nazista e un giovane nero dell’Alabama che si abbracciano, davanti a 110 mila persone e il mondo intero, nella patria del nazismo. Eppure è successo, ed era il 4 Agosto del 1936, quel giorno si consolidava una grande amicizia, in grado di abbattere ogni barriera. Anche negli anni successivi all’Olimpiade i due si scrissero e anche quando Long si trovava nelle file della fanteria continuerà a scrivere all’amico, fino all’ultima lettera in cui gli chiese di recarsi negli anni avvenire in Germania e raccontare di sé al figlio, premettendo però che nemmeno la guerra era riuscita a rompere l’amicizia tra i due, che ormai erano come fratelli.
“Si potrebbero fondere tutte le medaglie che ho vinto, ma non si potrebbe mai riprodurre l’amicizia a 24 carati che nacque tra me e Luz Long sulla pedana di Berlino.” (Jesse Owens)
La vita dopo Berlino non fu quella del “grande campione statunitense” adulato e ammirato da tutto il continente, ma al contrario fu molto simile a quella di un fenomeno da baraccone, attrattiva del piccolo pubblico cittadino. Owens si arrangiò disputando gare ad handicap con i concittadini (vincendo, pur concedendogli un buon vantaggio) e gareggiando (e vincendo) contro cavalli purosangue da corsa. Infine si dedicò all’insegnamento, e nel dopoguerra divenne preparatore atletico della famosa squadra “spettacolo” di pallacanestro, gli “Harlem Globetrotters“.
James Cleveland Owens, conosciuto anche con il soprannome di “Fulmine d’ebano” morì a 66 anni di cancro ai polmoni, nel 31 Marzo del 1980.
Nel 1984 gli fu dedicata una strada a Berlino, e nel 1990 gli fu assegnata la “Medaglia d’oro del Congresso” dal presidente George H. W. Bush. Questa onoreficenza assieme alla “Medaglia Presidenziale della libertà” (che gli era già stata assegnata nel 1974) era ed è tutt’ora il più alto riconoscimento civile conferito dagli Stati Uniti.
Queste sono storie incredibili… e prestazioni incredibili sopratutto per l’epoca in cui sono state ottenute!
Mammamia che uomo!
Che mitooooooo
Quell’amicizia è la cosa più incredibile di questa storia che vale ben più di tutti i record e medaglie vinte da Jesse. In un periodo storico in cui una sola parola o un solo sguardo potevano costare la vita, Luz Long era davvero una grande uomo che ha saputo vedere al di là del colore della pelle, al di là di tutto quello che probabilmente fino ad allora gli avevano insegnato. Un grande insegnamento.
Una storia molto emozionante. Complimenti 🙂
Complimenti per la storia é stata molto coinvolgente. 😀
Non pensavo che ci si potesse riuscire a battere 4 record del mondo in meno di un’ora. Un vero fenomeno. Chissà se sarà andato veramente in Germania a raccontare le storie al figlio di Luz LOng…
Alla faccia di Hitler! Owens e Long due persone eccezionali